Vi racconto la favola de “La Valle Incantata”


C’era una volta una valle incantata…almeno così dovrei iniziare se stessi raccontando una favola ma in realtà non è così…perché la valle in questione non è una finzione ma è una realtà.
Vi parlerò oggi di un luogo affascinante e semisconosciuto della Provincia di Trento, la Valle dei Mòcheni detta appunto La Valle Incantata e scopriremo poi il perché.
La Valle dei Mòcheni, Bersntol in lingua locale, è una Valle distante solamente 20 km dalla città di Trento, quindi a poco più di mezz’ora di auto, tuttavia appena si entra in questo territorio ci si sente in un luogo diverso dalla maggior parte delle altre vallate trentine.
Siamo ai margini occidentali del gruppo del Lagorai, e quindi in territori selvaggi per definizione.
La caratteristica di questa valle e quindi anche la sua fortuna è stata quella di rimanere fuori dallo sviluppo turistico di massa avvenuto nel corso del novecento nelle Alpi e soprattutto nelle Dolomiti; in questo modo questo luogo ha mantenuto intatto il suo fascino, conservando una dimensione autentica, intima e profonda.
Un luogo appartato che si scopre solamente esplorandolo pian piano attraverso i suoi borghi, le sue malghe e masi in quota, i suoi sentieri ma soprattutto attraverso le sue genti.
Un miscuglio di persone, culture, tradizioni, ambienti naturali, architetture, unite da una lingua locale di origine tedesca (il mòcheno appunto), un dialetto di origine tedesca, che rende la Valle un unicum nel panorama alpino. Qui il dialetto locale appare in realtà differenziato a seconda della borgata e addirittura della famiglia di appartenenza. La lingua mòchena è parlata assieme a quella italiana da tutti gli abitanti della valle e anche la toponomastica riflette questo mix di lingue: troviamo così che la sponda sinistra dove vive maggiormente la comunità mòchena si coglie l’origine tedescofona della scrittura mentre nella sponda destra è di origine romanza.
Nel libro Le Alpi segrete di Marco Albino Ferrari, uscito qualche anno, fa veniva descritta questa valle proprio con queste caratteristiche, e la faceva entrare di diritto nel novero delle Alpi Segrete d’Italia.
Le sue caratteristiche geografiche, la mancanza di sbocchi (ci devi arrivare li per forza non essendo lungo direttrici di grande traffico), la mancanza di infrastrutture di risalita e/o di attrazioni particolari quali laghi o cascate, e infine l’assenza di un grosso centro urbano con attività commerciali hanno influito molto sul tipo di fruizione di questi luoghi.
La Valle profondamente incisa dal torrente Férsina presenta su entrambi i versanti una serie di piccoli nuclei abitati, paesi e frazioni collegate rispettivamente da due strade che alla testata della valle si uniscono attraversando il torrente in corrispondenza del paese più alto quello di Palù del Fersina (il più caratteristico in valle).
L'abitato di Palù del Fèrsina alla testata della valle
Tutti i borghi della valle furono stabilmente abitati solamente dal 1200 quando arrivarono in zona i primi coloni provenienti dalla Baviera e dal Tirolo i quali presero in affitto dei terreni di proprietà del Principe Vescovo per sfruttare i boschi e i prati, attorno ai quali sorsero i primi Masi destinati al lavoro agricolo e all’allevamento. Da qui ebbero origine le prime comunità di persone dove tutto ruotava attorno al Maso, che garantiva una indipendenza economica tale per cui la stessa popolazione non aveva motivo di interagire con il mondo esterno. Ecco allora che la lingua locale tedesca riuscì a sopravvivere fino ai giorni nostri assieme agli usi e costumi locali.
Alcuni masi sparsi nei pendii della valle
La Valle fu in passato oggetto di sfruttamento minerario, avvenuto dopo la scoperta di numerosi giacimenti di rame, ferro e argento attorno al 1400-1500; da quel momento divenne la fonte di reddito principale. L’apertura delle miniere attirò numerosi lavoratori tedeschi e boemi specializzati in questo settore, i quali però non integrarono mai con la popolazione locale. 
La miniera visitabile di Palù
Quando poi le miniere si esaurirono e l’attività mineraria cessò nel secolo scorso, le attività agricole e di allevamento rimasero le uniche fonti di reddito. Per un certo periodo si affacciò anche un'altra forma di sviluppo legato alle terme grazie alla tipologia di territorio e sorsero così degli stabilimenti presso il centro di Sant’Orsola Terme, ma tale attività non durò a lungo e ben presto anche questo tipo di attività cessò prematuramente.
Oggi una nuova cultura montana assieme alla consapevolezza di una ricchezza unica che ha la valle ha permesso alla gente del posto di affacciarsi timidamente ad uno sviluppo turistico non invasivo, per portare il visitatore ad una vacanza esperienziale unica.
L’accoglienza oggi è fatta di piccole strutture come Bed end Breakfast, Agritur, Masi e Baite dove è possibile alloggiare, entrando a contatto con l’architettura tipica del posto e assaporando le prelibatezze naturali grazie ad un offerta gastronomica di tutto rispetto.
Il bellissimo B&B Gian ricavato su un antico Maso del 1700 al centro della valle
La Valle è ormai da molti anni particolarmente votata alla coltivazione di piccoli frutti (fragole, ribes, lamponi, more) che l’ha resa famosa in tutta Italia con le sue confetture Sant’Orsola.
Qui come in poche altri luoghi alpini, la memoria storica degli usi e costumi è considerata un patrimonio fondamentale ed è per questo che sono presenti numerosi siti museali come quello degli attrezzi agricoli e artigiani di Canezza, quello di Pietra Viva, il Museo del Maso (Filzerhof), la segheria Veneziana, il sito minerario visitabile di Palù, il sito archeologico Acqua Fredda, e l’Istituto Culturale Mòcheno di Palù.
Quest’ultimo, grazie alla Legge n.482 del 1999 nata per la tutela delle minoranze linguistiche storiche, si è potuto beneficiare di ampi finanziamenti grazie ai quali si è potuto portare a frutto numerose iniziative culturali non solo per la popolazione mòchena ma anche per altre minoranze linguistiche alpine come il walser, i ladini, i cimbri o i friulani.
Un locale del Museo di Pietra Viva
Anche l’offerta sportiva non manca, in particolare quella legata all’escursionismo, grazie ad una fitta rete di sentieri che dal fondo valle permettono di collegare Malghe, Rifugi, Baite fino alle creste delle Cime circostanti. Pur non vantando montagne di grande richiamo alpinistico, fanno da cornice alla valle cime panoramiche e di grande soddisfazione anche per ciaspolatori e sci-alpinisti come il Monte Gronlait (2384m il più alto in zona), il Fravort, il Doss de Costalta o il Monte Ruioch.
Vista dalla cima del Monte Gronlait
Ma torniamo al termine Valle Incantata, termine a cui è associato alla Valle dei Mòcheni; beh sicuramente incantata perché colpisce il visitatore che si fa ammaliare dalle peculiarità sopra descritte e poi perché in questi ultimi anni, grazie al fatto che in tutta la valle esistono leggende e storie di streghe, maghi e folletti. Sono stati ideati così percorsi tematici incentrati su queste storie, catturando la curiosità soprattutto dei bambini, motivo per il quale è diventata meta ideale di vacanza per famiglie ma non solo, anche per amanti del silenzio e della natura, lontano dal caos del traffico provocato dal turismo di massa che assilla ormai molte valli dolomitiche famose.
Sentiero tematico della valle incantata
Esiste anche un tradizionale carnevale mòcheno a Palù del Fersina con maschere, simboli e gestualità tramandati da generazione in generazione e che non hanno nulla a che vedere con gli altri carnevali alpini.
il carnevale di Palù
Concludendo possiamo dire che questa valle definita molto spesso un “isola” linguistica appare in realtà come un “oasi” linguistica, culturale, ambientale che vale la pena di scoprire ma lentamente, in punta di piedi, come la stessa sua gente rappresenta.

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