Del sublime, delle Dolomiti....e di altre montagne
Lo Schiara - foto di Ottorino Mazzucco |
Quando
noi partiamo per un viaggio siamo già di per se stessi predisposti
all’entusiasmo per la meta che stiamo raggiungendo, rapiti da un senso di
curiosità e di scoperta di nuovi luoghi diversi dal nostro vivere quotidiano.
La felicità che ci accompagna sfocia molto spesso nello stupore quando davanti
ai nostri occhi si celano quei luoghi tanto sognati magari visti solo in
cartolina, in qualche depliants o in alcuni siti web di settore.
Magari
in qualche modo siamo già preparati a quel che ci aspetta, e succede pure che
talvolta ci si trovi davanti a situazioni e scenari che risultano sotto le
nostre aspettative, proprio perché illusi da quelle immagini che ci avevano
spinto a scegliere questa piuttosto di quell’altra meta, rivelata nella realtà
dei fatti diversa da come ce l’ aspettavamo.
L’arte
di viaggiare, perché è di questo ora che stiamo parlando, pone una serie di
interrogativi non banali primo fra tutti quello concernente la relazione tra
l’aspetto del viaggio e la sua realtà.
Se
è normale che esista una differenza tra le nostre aspettative su un luogo e
quello che può verificarsi una volta che lo abbiamo raggiunto, è altrettanto
vero che in taluni casi non solo siamo meravigliati davanti a paesaggi e
scenari che mai prima d’ora avevamo visto ma addirittura siamo pervasi da una
eccitazione ed uno stupore straordinario tale da lasciarci come si dice “a
bocca aperta”.
Esistono
luoghi che suscitano in noi emozioni tali che si lasciano descrivere con un’unica
parola in grado di condensare tutta l’energia e tutti gli aggettivi superlativi
che ci potrebbero venire in mente.
Che
si tratti di una spiaggia con acque turchesi, di una cattedrale di
straordinario valore architettonico, di un tramonto su un cielo limpido, di una
cascata che scende impetuosa da una gola oppure di una vetta alpina ricoperta
di ghiacci, spesso le sensazioni che proviamo vengono descritte con lunghe
verbalizzazioni.
Provate
ora a salire una cima dolomitica, magari arrivandoci verso il calar del sole e
seduti così su una roccia ammirate le pareti che vi stanno attorno e che
lentamente iniziano ad assumere una serie di tonalità di colori che vanno dal
caldo rosso fuoco fino ai colori più freddi poco prima che il sole abbandoni
del tutto il giorno. A questo punto saremo sopraffatti dal fascino di quel
paesaggio e da quella sensazione che va sotto il nome di senso del sublime.
Il Viandante sul mare di nebbia |
Ecco
il fascino del sublime, aggettivo che meglio di tutti descrive un paesaggio, un
luogo, uno scenario di straordinario incanto che lascia attoniti, quasi uno
stato di stordimento piacevole ovviamente e un senso di soggezione che può
addirittura sfumare in un desiderio di adorazione.
Se
esistono luoghi tali da provocare il senso del sublime questi sono proprio le
Dolomiti, montagne uniche nel loro genere la cui bellezza e l’elevato valore
paesaggistico le hanno permesso di entrare a buon diritto nel Patrimonio
Mondiale dell’Umanità.
Furono
proprio i primi viaggiatori ed esploratori pionieri di queste terre, arrivati
nell’ottocento, soprattutto inglesi e tedeschi, che descrivendo nei loro diari
di viaggio le valli e le montagne che si elevavano davanti ai loro occhi, a far
uso di questo aggettivo.
Fu
infatti agli inizi dell’Ottocento che venne in auge una parola capace di
qualificare in maniera puntuale ed esaustiva la reazione emotiva che si prova
al cospetto di precipizi, ghiacciai, firmamenti notturni, deserti di pietra,
cascate e torrenti impetuosi. Dinanzi a simili spettacoli, infatti, tutti
saremmo stati probabilmente colti dal senso del sublime, e grazie a tale
espressione ci saremmo potuti far comprendere quando in seguito avessimo
riferito la nostra esperienza.
Il
termine traeva origine da un trattato del II secolo d.C. intitolato Del sublime e attribuito all’autore
greco Longino. Nessuno se ne occupò molto fino a quando, nel 1712, una
ritraduzione in lingua inglese riaccese la scintilla dell’interesse dei critici
che, a prescindere dalle differenze di approccio analitico, si trovarono
stranamente d’accordo nel raggruppare all’interno della medesima categoria
descrittiva una varietà di paesaggi altrimenti dissonanti e questo in virtù di
elementi quali l’estensione, il senso di vuoto o di pericolo evocato e il
particolare sentimento che suscitavano piacevolmente e moralmente buono al
contempo. Il valore di un paesaggio non era dunque determinato più solo da
criteri estetici formali (l’armonia cromatica o la proporzione geometrica) o da
considerazioni di ordine pratico ed economico, bensì dalla capacità dei luoghi
di indirizzare la mente verso il sublime. Negli anni viaggiatori, esploratori e
poeti proprio in occasione dei loro viaggi in zone sconosciute annotavano nei
loro diari quel sentimento provato alla vista di determinati elementi della
natura. Ed è grazie a loro e a quella parola magica evocata che molti altri
successivamente partirono alla ricerca di quel piacere sublime appunto (passaggio
tratto dal libro “L’Arte di Viaggiare” di Alain de Botton) .
Il sublime di Vincenzo Rizzo |
Da
allora viaggiatori, turisti, studiosi, fotografi, filosofi di ogni parte del
globo hanno iniziato ad arrivare nelle terre dolomitiche alimentando quella che
è oggi una fiorente industria turistica. Quel senso del sublime che in anni più
recenti ha convinto gli organismi internazionali a dichiarare i Monti Pallidi
sito Unesco.
La
nuova sfida ora sarà quella di garantire nel tempo quel sublime fascino
Dolomitico, resistendo agli attacchi e alla pressione turistica, e garantendo,
nel contempo un elevata qualità di vita per la popolazione locale attraverso forme
di tutela e valorizzazione dei territori montani.
Finché
le Dolomiti eserciteranno il senso del sublime in noi ci saranno ancora
viaggiatori, artisti, fotografi e appassionati che andranno in queste montagne
alla ricerca di forme esperienziali che pochi altri luoghi sanno regalare.
Cascata in Val d'Aupa - Friuli |
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